ESAURITI I POSTI PER LA PASSEGGIATA DI PLENILUNIO.
Ci dispiace dove dire di no ai ritardatari ma non è possibile allargare le iscrizioni.
Troppa gente va a discapito della qualità e della concentrazione.
Abbiamo pensato ad un percorso silenzioso, al massimo sussurrato, dove a parlare sia soltanto
LA POESIA ...
Incontri mensili di divagazioni poetiche
D i v a g a z i o n i p o e t i c h e
Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all'orecchio degli amanti....
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
Alda Merini
Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all'orecchio degli amanti....
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
Alda Merini
23 maggio 2012
17 maggio 2012
APPUNTAMENTO CON IL PLENILUNIO DEL 4 GIUGNO
16 maggio 2012
ANNE SEXTON letta DA CORINNA ALBOLINO
Io non so se la terra galleggi,
io non so se le stelle siano ritaglietti di carta
fatti con delle forbici giganti,
e non so se la luna è una lacrima congelata.
Io non so se Dio sia solo
una voce profonda udita dai sordi.
Forse.
Forse io non sono.
Vero che ho un corpo
da cui non riesco a scappare.
Vorrei volarmene dalla mia testa,
ma non esiste.
Nel libro del destino è scritto
ch'io fossi schiaffata qui in questa forma umana.
Stando così le cose
vorrei richiamare l'attenzione sul mio caso.
Un animale si annida in me
aggrappato stretto al mio cuore,
un granchio enorme.
I medici di Boston si sono arresi.
Hanno provato con scalpelli aghi gas venefici e simili.
Il granchio resta.
E’ un peso enorme.
Provo a dimenticarmelo, a occuparmi delle mie faccende,
a cucinare i broccoli, aprire e chiudere i libri,
lavarmi i denti, allacciarmi le scarpe.
Ho provato con la preghiera
ma mentre prego il granchio mi attanaglia
e il dolore ingrossa.
Una volta ho sognato
(forse era un sogno)
che il granchio era la mia ignoranza di Dio.
Ma chi sono io per credere ai sogni?
di Anne Sexton
11 maggio 2012
CESARE PAVESE letto da ELVIRA IUDICA
da La terra e la morte
Terra rossa
terra nera,
tu vieni dal
mare, dal verde riarso,
dove sono parole
antiche e fatica sanguigna
e gerani tra i sassi &endash;
non sai quanto porti
di mare parole e fatica,
tu ricca come un ricordo,
come la brulla campagna,
tu dura e dolcissima
parola, antica per sangue
raccolto negli occhi;
giovane, come un frutto
che è ricordo e stagione &endash;
il tuo fiato riposa
sotto il cielo d'agosto,
le olive del tuo sguardo
addolciscono il mare,
e tu vivi rivivi
senza stupire, certa
come la terra, buia
come la terra, frantoio
di stagioni e di sogni
che alla luna si scopre
antichissimo, come
le mani di tua madre,
la conca del braciere.
27 ottobre
1945
MONTALE letto da BRUNO CASTELLETTI
Meriggiare
pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
da Ossi di Seppia
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
da Ossi di Seppia
ANTONIA POZZI letta da ARMANDO LENOTTI
FILOSOFIA
Non
trovo più il mio libro di filosofia.
Tiravo
il carrettinoun marmocchio di otto mesi - robetta molle, saliva, sorrisino -
Quel che mi ingombrava le mani, l’ho buttato via.
Il
fratellino di quel bimbetto,
a
due anni, è caduto in una caldaia d’acqua bollente:in ventiquattro ore è morto, atrocemente.
Il
parroco è sicuro che è diventato un angioletto.
La
sua mamma non ha voluto andare al cimiteroa vedere dove gliel’hanno sotterrato.
Per i contadini, il lutto è un lusso smodato:
la sua mamma non veste di nero.
Ma,
quando quest’ultima creaturina,
con
le manine, le pizzica il viso,ella cerca il suo antico sorriso:
e trova soltanto un riso velato - un povero riso in sordina.
Oggi,
da una donna, ho sentito
che
quella mamma, in chiesa, non ci vuole più andare.Stasera non posso studiare,
perché il libro di filosofia l’ho smarrito.
ANTONIA
POZZI (1912-1938)
10 maggio 2012
SE ASCOLTO di GIOVANNA MARTINI
Mi rode dentro
Se mi fermo ad ascoltare
Fatico e mi trovo ad annaspare.
E’ un male profondo
Con radici avvolgenti
Stringi i denti
Per non asfissiare.
Con un refolo di vento
Se ne va, quel torme
E guerriero disarcionato
Ti ritrovi tutto ammaccato.
È la voce di
un’amica,
un tramonto
esageratoè una carezza inaspettata
che lenisce e dona fiato.
Momenti da
dimenticare
Cercando di
metabolizzareAlla ricerca di istanti
Un po’ più riposanti.
maggio 2012
9 maggio 2012
di MARISA VENTURI
DANZA DI PAROLE
DANZO
SU UN FILO DI SETA________________
SENZA
R
E
T
E
E
T
E
VOLO
CON
ALI DI
CERA
SOLO
DI NOTTE
RIDO AFONA
CANTO
AFONA
GIOCO
A
BOCCE
COI PENSIERI
PARLO
UNA LINGUA RARA
SCONOSCIUTA
AI PIU’
AL AUGNIL LED
EROLOD
8 maggio 2012
POESIA DI FERNANDO PESSOA letta da Luisa Rinaldi
Fernando Pessoa,poeta e scrittore. nato a Lisbona nel 1888, morto a Lisbona nel 1935.è considerato uno dei maggiori poeti portoghesi.
La sua vita fu caratterizzata da una sorta di “mal di vivere” e nel contempo da una continua ricerca di se stesso, avvolto in una nube di costante “malessere”, roso da un'inestinguibile inquietudine
Ho
pena delle stelle
da
tanto tempo...
Ho
pena delle stelle
Non
ci sarà una stanchezza
delle
cose,
di
tutte le cose,
come
delle gambe o di un braccio?
Una
stanchezza di esistere,
di
essere,
solo
di essere,
l'essere
triste lume o un sorriso...
Non
ci sarà dunque,
per
le cose che sono,
non
la morte, bensì
un'altra
specie di fine,
o
una grande ragione:
qualcosa
così, come un perdono?
LORETTA DOLCI " Sono Stanca " Letta da Ivana Milani
DI LUISA RINALDI " MALINCONIA"
E'
un'intrusa,
giunge
senza invito ad abitarmi l'anima,
io
provo a seminarmi, cerco di sfuggirmi,
ingannando
i pensieri
invento
parole che la facciano desistere,
ma
i sorrisi mi muoiono dentro
e lei ha portato una grossa valigia...
Intende
restare .
LORETTA DOLCI " Un amore finisce" letta da Lucia Franzini
Un amore finisce
quando il sorriso
si nasconde
dietro il silenzio
di rabbie
imprigionate
nei segreti di chi
non ha più parole
e affida
al risentimento
il compito
di chiudere un fiore
tra le pagine ingiallite
di un libro
che nessuno leggerà più.
"PAROLE E LUOGHI" di Betty Marchi
"DOLORE" di Betty Marchi
Dolore che sale
che scende
che prende
che si espande
che dilania
che non sì dipana.
Dolore che rode
corrode
che riempie
che svuota
che picchia
martella
nel petto tamburella.
Dolore incessante
delirante
devastante
dolore
che dalla gioia mi tieni distante.
Dolore meschino
divino
nobile
ignobile
inestricabile
insondabile.
Dolore che passa
non passa
ritorna
nuovo diverso perverso.
Voglio spazi di stupore
voglio te da me lontano
voglio essere libera dal tuo richiamo
voglio uccidere il tuo sapore
perché non ti voglio più sapere.
che scende
che prende
che si espande
che dilania
che non sì dipana.
Dolore che rode
corrode
che riempie
che svuota
che picchia
martella
nel petto tamburella.
Dolore incessante
delirante
devastante
dolore
che dalla gioia mi tieni distante.
Dolore meschino
divino
nobile
ignobile
inestricabile
insondabile.
Dolore che passa
non passa
ritorna
nuovo diverso perverso.
Voglio spazi di stupore
voglio te da me lontano
voglio essere libera dal tuo richiamo
voglio uccidere il tuo sapore
perché non ti voglio più sapere.
Lucia Franzini
Assenze
Anche la luna è assente stasera
e il sonno, i sogni
e le persone amate.
Assente è l'aria
che muove l'erba e le foglie
e che del treno lontano
mi porta il fischio,
insieme al profumo
delle ultime magnolie.
Tutto è fermo, silenzio, buio ;
non sento il miagolio dei gatti,
né l'abbaiar del cane,
né la lunga cantilena delle rane
che forse parlano d'amore altrove.
Non bisbiglio di fantasmi,
e del gallo il canto
è ancor distante.
Lunga è questa notte che pare
attendere qualcosa.
E senza fine appare a me sola
che non aspetto niente;
nemmeno il giorno.
Forse son io che sono assente ?
E allora ?
A contraddire in tempo
il mio pensiero,
dalla robinia caro
m'arriva il canto della civetta
( o il pianto ?)
E' voce che consola.
CHARLES BUKOWSKI LETTO DA ORNELLA SELOGNA
Charles Bukowski
Andernach 1920 - San Pedro 1994
Poeta e scrittore statunitense
da It
Catches My Heart in Its Hands, Poems 1955/63
Mi destai alla
siccità e le felci erano morte,
le piante in vaso gialle come grano;
la mia donna era sparita
e i cadaveri dissanguati delle bottiglie vuote
mi cingevano con la loro inutilità;
c'era ancora un bel sole, però,
e il biglietto della padrona ardeva d'un giallo caldo
e senza pretese; ora quello che ci voleva
era un buon attore, all'antica, un burlone capace di scherzare
sull'assurdità del dolore; il dolore è assurdo
perché esiste, solo per questo;
sbarbai accuratamente con un vecchio rasoio
l'uomo che un tempo era stato giovane e,
così dicevano, geniale; ma
questa è la tragedia delle foglie,
le felci morte, le piante morte;
ed entrai in una sala buia
dove stava la padrona di casa
insultante e ultimativa,
mandandomi all'inferno,
mulinando i braccioni sudati
e strillando
strillando che voleva i soldi dell'affitto
perché il mondo ci aveva tradito
tutt'e due.
le piante in vaso gialle come grano;
la mia donna era sparita
e i cadaveri dissanguati delle bottiglie vuote
mi cingevano con la loro inutilità;
c'era ancora un bel sole, però,
e il biglietto della padrona ardeva d'un giallo caldo
e senza pretese; ora quello che ci voleva
era un buon attore, all'antica, un burlone capace di scherzare
sull'assurdità del dolore; il dolore è assurdo
perché esiste, solo per questo;
sbarbai accuratamente con un vecchio rasoio
l'uomo che un tempo era stato giovane e,
così dicevano, geniale; ma
questa è la tragedia delle foglie,
le felci morte, le piante morte;
ed entrai in una sala buia
dove stava la padrona di casa
insultante e ultimativa,
mandandomi all'inferno,
mulinando i braccioni sudati
e strillando
strillando che voleva i soldi dell'affitto
perché il mondo ci aveva tradito
tutt'e due.
EMILY DICKINSON LETTA DA ANITA PAVAN
Emily Dickinson
(Amherst, 10 dicembre 1830 – Amherst, 15 maggio 1886) poetessa statunitense.
È considerata tra i maggiori lirici del XIX secolo.
Il cuore chiede il piacere
he Heart asks Pleasure - first -
And then - Excuse from Pain - And then - those little Anodyness That deaden suffering -
And then - to go to sleep -
And then - if it should be The will of it's Inquisitor The privilege to die - |
Il Cuore chiede il Piacere -
dapprima -
E poi - l'Esenzione dalla Pena - E poi - quei piccoli Lenimenti Che attenuano la sofferenza -
E
poi - addormentarsi -
E poi - se questa fosse La volontà del suo Inquisitore Il privilegio di morire – |
UMBERTO SABA LETTO DA MARISA VENTURI
Umberto Saba
Il vetro
rotto
da Il canzoniere
Tutto si muove contro te. Il
maltempo,
le luci che si spengono, la vecchia
casa scossa a una raffica e a te cara
per il male sofferto, le speranze
deluse, qualche bene in lei goduto.
Ti pare il sopravvivere
un rifiuto d’obbedienza alle cose.
E nello schianto
del vetro alla finestra è la
condanna.
SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO
Eugenio Montale
Genova 1896 - Milano 1981
Poeta italiano
Poeta italiano
Spesso il male di vivere ho incontrato
da Ossi di seppia,
1925
4 maggio 2012
1 maggio 2012
POESIA DI PATRIZIA CAVALLI letta da LUISA RINALDI
Adesso che il tempo sembra tutto mio
e nessuno mi chiama per il pranzo e per la cena,
adesso che posso rimanere a guardare
come si scioglie una nuvola e come si scolora,
come cammina un gatto per il tetto
nel lusso immenso di una esplorazione, adesso
che ogni giorno mi aspetta
la sconfinata lunghezza di una notte
dove non c'è richiamo e non c'è più ragione
di spogliarsi in fretta per riposare dentro
l'accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta,
adesso che il mattino non ha mai principio
e silenzioso mi lascia ai suoi progetti
a tutte le cadenze della voce, adesso
vorrei improvvisamente la prigione.
e nessuno mi chiama per il pranzo e per la cena,
adesso che posso rimanere a guardare
come si scioglie una nuvola e come si scolora,
come cammina un gatto per il tetto
nel lusso immenso di una esplorazione, adesso
che ogni giorno mi aspetta
la sconfinata lunghezza di una notte
dove non c'è richiamo e non c'è più ragione
di spogliarsi in fretta per riposare dentro
l'accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta,
adesso che il mattino non ha mai principio
e silenzioso mi lascia ai suoi progetti
a tutte le cadenze della voce, adesso
vorrei improvvisamente la prigione.
L'IMMENSA BANDIERA (manca il nome dell'autore)
Ogni porosa pietra
di vecchia città
conosce il sapore
di quell'eterno sangue
a fiumi sgorgato
da tiranne pallottole.
Ancora contiene,
ogni rosata aurora,
il passo chiodato d'aguzzino scarpone
il tintinnare lugubre
d'atroce cartucciera.
Ma si discioglie l'antica paura
in questo fiacco trascorrere d'anime.
L'ignaro popolo cieco cammina
sopra le antiche, visibili tracce.
Così s'anneriscono
i nomi di bronzo
col fuoco scolpiti
su lapidi stinte.
Chi onorerà domani
il rantolo dei figli fucilati
dietro ai portoni di stalla?
Chi ascolterà, domani,
il singhiozzare d'eroe torturato
dentro alle stanze di frusta e martello?
Chi parlerà domani
di quei fragori di mitragliatrice?
Delle gride di bambino
alle bombe della notte?
Chi mai saprà domani,
di quanto sangue s'abbevera ancora
il nostro crederci liberi sempre?
Che sventoli ancora
l'immensa bandiera
degli sfigurati volti.
Stendiamola tutta.
Ben alta e fulgente.
Che sia sempre visibile
sopra l'indifferenza e sulla noia.
Restiamo tutti severi guardiani
ai monumenti della libertà.
di vecchia città
conosce il sapore
di quell'eterno sangue
a fiumi sgorgato
da tiranne pallottole.
Ancora contiene,
ogni rosata aurora,
il passo chiodato d'aguzzino scarpone
il tintinnare lugubre
d'atroce cartucciera.
Ma si discioglie l'antica paura
in questo fiacco trascorrere d'anime.
L'ignaro popolo cieco cammina
sopra le antiche, visibili tracce.
Così s'anneriscono
i nomi di bronzo
col fuoco scolpiti
su lapidi stinte.
Chi onorerà domani
il rantolo dei figli fucilati
dietro ai portoni di stalla?
Chi ascolterà, domani,
il singhiozzare d'eroe torturato
dentro alle stanze di frusta e martello?
Chi parlerà domani
di quei fragori di mitragliatrice?
Delle gride di bambino
alle bombe della notte?
Chi mai saprà domani,
di quanto sangue s'abbevera ancora
il nostro crederci liberi sempre?
Che sventoli ancora
l'immensa bandiera
degli sfigurati volti.
Stendiamola tutta.
Ben alta e fulgente.
Che sia sempre visibile
sopra l'indifferenza e sulla noia.
Restiamo tutti severi guardiani
ai monumenti della libertà.
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