Incontri mensili di divagazioni poetiche

D i v a g a z i o n i p o e t i c h e

Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all'orecchio degli amanti....
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

Alda Merini



20 ottobre 2012

ATMO SFERE di Bruna Meneghello

Poesia in versi sciolti, molto sciolti
quasi liquefatti



Atmo sfere

Arrivano
riservati,
consultano il notes,
il quadernetto,
nella mano stretto.
Silenzio.
Si diffonde un suono caldo
di mani che applaudono.
Silenzio.
Parole si spargono,
entrano nel profondo,
rimbalzano su ricordi e pensieri.
Silenzio.
Un caldo suono
di mani che applaudono.
Parole si spargono,
spostando le particelle d'aria,
creando una sphera.
Una magica atmo sfera
Una bolla senza tempo o spazio.
Si diffonde un suono caldo
di mani che applaudono.
Silenzio.
Le parole risuonano, stanche, senza ritmo.
I maghi rivestono gli abiti grigi
le voci, per gli angoli, si disperdono.
Tornerà la magica sfera?
Forse.

-Il prossimo incontro-
 

 

19 ottobre 2012

CI SCRIVE ARMANDO LENOTTI

Care amiche, cari amici
ho passato un'estate un po' tribolata, in cui non mi sono praticamente mai mosso da casa per problemi ad un ginocchio.
In queste condizioni cosa potevo fare? Ho messo ordine ad alcune poesie e ne ho fatto un nuovo libretto dal titolo: "Come un pelegrin de Compostela", poesie e canzoni in dialetto veronese.
All'interno della manifestazione Librar-Verona (di cui vi unisco parte della locandina), sabato 20 ottobre alle ore 17,30 in Piazza dei Signori lo presenterò insieme alla cara giornalista e scrittrice Paola Azzolini, che ne ha curato la prefazione. Mi aiuteranno nella lettura due fedeli amici, l'attore Tiziano Gelmetti e l'avvocato Guariente Guarienti.
Un tendone ci coprirà in caso di pioggia.
Concludo: se le mie storielle vi piaceranno, un po' di merito me lo devo pur prendere.
In caso contrario, potrete dare la colpa al menisco!
Vi aspetto numerosi.
Armando

16 ottobre 2012

Chi è il poeta? ALFONSO GATTO

Uno dei poeti più significativi del '900 italiano: Alfonso Gatto. Ermetico, ma di confine, giornalista e pittore, insegnante di Letteratura all'Accademia di Belle Arti affermava
in un articolo sul "Politecnico" di Vittorini nel 1947:

“Se voi mi domandate perché un poeta scrive, in che modo si è deciso a scrivere, se voi ricordate quel ragazzo seduto nella sua stanza diroccata, comprenderete perché la poesia appartenga agli uomini che non si difendono, che passano nella vita, lungo tutta la vita, senza appropriarsene, amandola anche per gli altri che credono di averla spesa o di poterla spendere senza nemmeno mai riuscire a destarla”.

Le più belle poesie di ALDA MERINI


 

 Le più belle poesie
si scrivono sopra le pietre
coi ginocchi piagati
e le mani aguzzate dal mistero.
Le più belle poesie si scrivono
davanti a un altare vuoto,
accerchiati da agenti
della divina follia.
Così, pazzo criminale qual sei
tu detti versi all'umanità,
i versi della riscossa
e le bibliche profezie
e sei fratello a Giona.
Ma nella Terra Promessa
dove germinano i pomi d'oro
e l'albero della conoscenza
Dio non è mai disceso nè ti ha mai maledetto.
Ma tu sì, maledici
ora per ora il tuo canto perchè
sei sceso nel limbo,
dove aspiri l'assenzio
di una sopravvivenza negata.

 

(da "Vuoto d'amore")
 
 

 

POESIA PER RENÉ GUY CADOU DI JORGE TEILLIER letto da Giovanna Martini


 
Parlare d’un poeta
È parlare delle colline, degli stagni, delle distese della memoria,
dei pesci, dei rampicanti, delle mareggiate.
Poeta dal nome chiaro come un ciottolo in mezzo alla corrente,
mettevi insieme parole come selci,
parole un po’ semplici e rustiche
da cui nasce un fuoco che non è dimenticato.

 
René Guy Cadou, poeta amico del barilaio, del postino, del guardaboschi e del contrabbandiere,
vivevi in un villaggio di seicento abitanti.
Lì eri professore di una scuola rurale
il peso dell’odore del giardino soffocava l’aula
come l’aula dove anche tuo padre era stato maestro.
Ti piaceva parlare con la gente che assomiglia alle pentole di creta,
camminare a piedi nudi come i bambini,
guardare giocare a carte all’osteria.
Di notte leggevi alla luce d’un fuoco di spini
mentre i gatti facevano le fusa e tua moglie cuciva
(Helena, cui dicesti che sempre sareste vissuti in cielo).
Avevi un poeta preferito per ogni stagione.
In autunno era Verlaine, la primavera fioriva con tutte le rose di Ronsard,
l’inverno portava la carrozza di Meaulnes
e la stagione violenta, il rumore di spade cozzanti in una locanda di Alessandro Dumas.
Tu non eri mai solo,
t’illuminava il ricordo di tuo padre che tornava dalla caccia invernale.
E mentre i tuoi amici andavano al Caffè
alla Brasserie Lipp o al Deux Magots,
tu salivi in camera tua
ed affrontavi il Volo raggiante.
A prua della tua nave
t’affacciavi a vedere le vie del tuo paese di pantani e fate e mari,
tracciate come le righe d’un quaderno di scuola.
Le tue parole arrivavano
come uccelli che sanno che c’è sempre una finestra aperta alla fine del mondo.
E le poesie erano girasoli accesi
che nascevano dal tuo cuore profondo e segreto,
riscattate come la nostalgia,
l’unica realtà.

 
Tu sapevi che la poesia dev’essere usuale come il cielo che ci sopraffà,
che non significa niente se non permette agli uomini di avvicinarsi e di conoscersi.
La poesia si deve scambiare come una moneta di tutti i giorni,
e deve stare su tutte le tavole
come una bottiglia di vino il cui canto illumina segretamente, i sentieri domenicali.
La poesia
è un respirare in pace
perché gli altri respirino.
Sapevi che le città sono incidenti che non prevarranno sugli alberi.
Che la poesia non si grida sulle piazze né si va a vendere sui mercati di moda,
che non si scrive con saliva, con benzina, con smorfie,
né col povero umore di quelli che vogliono richiamare l’attenzione
con scherzi da pagliacci pretenziosi,
e che non servono a niente i grandi discorsi balbettanti di chi non ha niente da dire,
e trasforma la poesia in una stanza cieca ed insalubre.
Una poesia deve essere
Un pane fresco,
un cesto di vimini
e deve essere letta dagli amici sconosciuti
sui treni che arrivano sempre in ritardo a paesi sperduti,
o sotto i castagni delle piazze dei villaggi.
Qui pochi sanno che cos’è una poesia,
pochi si sono messi con la faccia al vento in mezzo al grano,
pochi sanno che cos’è un poeta.
Tu se morto in una stanza dove si radunava tutta la primavera,
guardando una cesta di mele.
“Ho visto morire un principe”
ha detto uno dei tuoi amici.

 
E questo primo di novembre
quando mi circondano i morti che sempre stanno con me,
penso alla tua serena e rude fede
che posso amare
come una piccola chiesa azzurra di paese
dove c’è un prete anziano che non chiede nient’altro che spartire il suo pane.
Tu parlavi col tuo Dio
come col povero figlio del falegname
perché sapevi che ogni giorno si crocifigge anche un poeta.
(Gesù aveva trentatre anni
Jean Arthur anche era Cristo
crocifisso quando ne aveva trentasette).
Ma a te non importava che ti sputassero in faccia o ti dimenticassero
perché nessuno potrà impedire a un uccello di cantare
e il poeta abbattuto
è solo un albero rosso che segnala l’inizio del bosco

 

 

                                                                                     Note sull’autore:

Jorge Teillier 1935 – 1996

Poeta cileno legato ad una memoria poetica; per lui la poesia fu esperienza di vita, sempre alla ricerca di simboli ancestrali. Grazie a questa sua ricerca primordiale, è considerato uno dei poeti più originali del Cile di oggi.

11 ottobre 2012

GRAZIE A LISA E ALDO

Ringraziamo la brava violinista Lisa Agnelli e il chitarrista e amico di Arcipoesia  Aldo Zappacosta che hanno contribuito a rendere piacevole la serata.



IL POETA di Marisa Venturi



 Il poeta
È un giocoliere
Rimpalla le sillabe
si trastulla con gli echi
Funambolo
nei giochi
su una corda
di violino.

Il poeta si abbandona
in attesa della parola
che risuona,
che in verticale
sale
da un filo d’erba
o da uno stelo

Il poeta
Se incontra le spade del dolore
Le sfila dal petto a una a una
le lucida con le parole
le rende inoffensive
con il verso
E scrive memorie
di guerre tra dei.

Il poeta
è sensibile alle foglie
che cadono
a quelle che resistono
a quelle che escono dal ramo
quando la natura
è a compimento
Il poeta
con lo smarrimento
dei poeti
Osserva e compone

Il poeta 
è sensibile al rumore delle stelle
frequenta il mare delle maree
Raccoglie in una coppa
gli umori della luna,
(Santo Graal dei poeti).
E beve

Il poeta
sussurra alle pietre
schegge di parole
Scrive
con l’humus della terra
Nelle foglie decomposte
Nello scroscìo rapido
di acqua limpida
Nel fango limaccioso
e fetido
il poeta legge
risposte

Il poeta  
dalla marea  
prende conchiglie
per sentire l’ira delle onde
Il poeta
ruba il soffio del vento
Il poeta
vede il presente dentro
la conchiglia vuota
vede il futuro nella parete bianca
e il passato
nella stagione che avanza.
Il poeta  
resta  spesso in  attesa.

Come l’isola
il poeta
si circonda di mare profondo
Su cui lascia una barca senza remi
Per essere raggiunto

A fatica.

                                                                     Marisa    Settembre 2012
 
 

SPAZIO-TEMPO di Stella Cernecca


Spazio-tempo


Una volta
il tempo non era lo spazio.
Il tempo era dilatato,
lento, lungo, abbondante.
Lo spazio lo affiancava,
stavano vicino,
si conoscevano.
Un giorno,
raggiunta
la massima velocità,
tempo e spazio decisero di fonderesi
insieme,
da essi
nacque lo spazio-tempo:
l'unico luogo di accadimento
dell'evento;
evento organizzato,
programmato.
Nessuna attesa,
tutto qui e ora.
fuori dallo spazio-tempo
lo spazio ritorna inanimato,
anonimo, indistinguibile.
E pure il tempo, da solo
è un non-senso,
che si perde nel vuoto.

10 ottobre 2012

LA POESIA di Valerio Magrelli



Le poesie vanno sempre rilette,
lette, rilette, lette, messe in carica;
ogni lettura compie la ricarica,
sono apparecchi per caricare senso;
e il senso vi si accumula, ronzio
di particelle in attesa,
sospiri trattenuti, ticchettii
da dentro il cavallo di Troia.

I POETI di ALFREDO POLI


I poeti… mancano 
delle subitanee parole

del sentire...
ma vedono
il dentro e il fuori delle cose

 e l’oltre …

I poeti … abitano
le venature policrome

del giorno …
ma frequentano quell’oscura ultima soglia

dove da sempre osano il canto



(da Viaggiatori di confine, Ed Scripta, Verona 2010)



Grazie a Alfredo Poli da noi dell'Arcipoesia e da Donneinpunadipenna per la chiacchierata introduttiva alla nostra piacevole serata di poesia.

"IL POETA CHI É? " di Elisabetta Marchi

Ecco... arriva... succede...
Non si sa come e neppure il perché... ma così è!
Accade che al poeta scappi da scrivere.
Dentro la vita urla,
ride,
piange.

Colori,
rumori,
suoni,
odori.

Musica.

Dolore.
Tempo.
Ah il tempo!!!
Tempo che fugge,
tempo che non passa,
l'effimero,
l'essenziale,
la passione divorante,
l'amore scadente,
quel treno perso,
quel treno preso....
e poi la natura... lasciamo stare la natura.
Poesie belle,
poesie brutte,
ma nate da una necessità.

Il poeta è costretto alla scrittura da un'anima febbricitante.
Ma io scrivo per gioco...
a capire chi è il poeta ci penserò dopo!!!





"AD ALCUNI PIACE LA POESIA" di W. Szymborska letta da Elisabetta Marchi




Ad alcuni - cioè non tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dov'è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.

Piace - ma cos'è la poesia?
Più d'una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
come all'ancora di un corrimano.

AUTOPSICOGRAFIA di FERNANDO PESSOA



 Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.

E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio
non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.

E così sui binari in tondo
gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore.

I POETI LAVORANO DI NOTTE di ALDA MERINI


I poeti lavorano di notte

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.

LASCIATEMI DIVERTIRE di ALDO PALAZZESCHI letto da Aldo Zappacosta e Maisa Venturi


Tri tri tri,
fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu ihu.

Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.

Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!

Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche.
Sono la mia passione.

Farafarafarafa,
tarataratarata,
Paraparaparapa,
Laralaralarala!


Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la ... spazzatura
delle altre poesie.

Bubububu
fufufufu
Friù!
Friù!

Se d’un qualunque nesso
son prive
perché le scrive
quel fesso?


Bilobilobilobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilobù. Filolù.
U.

Non è vero che non voglion dire,
voglion dire qualcosa.
Voglion dire...
come quando uno si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.


Aaaaa!
Eeeee!
Iiii!
Ooooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!

Ma giovinotto,
diteci un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con così poco
tener alimentato
un sì gran foco?

Huisc... Huiusc...
Huisciu... sciu sciu,
Sciukoku... Koku koku,
Sciu
ko
ku.

Come si deve fare a capire?
Avete delle belle pretese,
sembra ormai che scriviate in giapponese.

Abì, alì, alarì.
Riririri!
Ri.

Lasciate pure che si sbizzarrisca,
anzi, è bene che non lo finisca,
il divertimento gli costerà caro:
gli daranno del somaro.
Labala
falala
falala...
eppoi lala...
e lalala, lalalalala lalala.

Certo è un azzardo un po’ forte
scrivere delle cose così,
che ci son professori, oggidì,
a tutte le porte.

Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah
Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi son cambiati,
gli uomini non domandano più nulla
dai poeti:
e lasciatemi divertire!


 

STEFANO BENNI letto da Luisa Rinaldi

IL POETA

Il poeta è un uccello
che becca le parole
sotto la neve del normale
viene sul davanzale
e scappa, impaurito
se lo vuoi catturare
Il poeta è femmina
Il poeta è gagliardo
ha qualcosa, nello sguardo
che tu dici: è un poeta
Spesso è analfabeta
ma è meglio
è piú immediato
il poeta è un ammalato
colitico, fegatoso, asmatico
il poeta è antipatico, scontroso
ombroso: guai
chiamarlo poeta
è una cometa
che annuncia un mondo nuovo
è assolutamente inutile
è un fallito
è un pappagallo di partito
è organico, no,
è fatto d'aria
ha nella penna tutta intera
la rabbia proletaria
è sopra la politica
è sopra il mondo
il poeta è tisico e biondo
il poeta è sempre suicida
il poeta è un furbone
il poeta è una sfida
alle banalità del mondo
il poeta è assolutamente
del tutto normale
il poeta è omosessuale
il poeta è un santo
il poeta è una spia
poi un giorno va via
in un isola lontana
o anche a puttana
e lascia un gran vuoto
nella poesia
la sua
il poeta è il titolo
di questa mia

                                                          Stefano Benni

GIORGIO CAPRONI


L'ultima fase della sua poesia insiste sul tema del linguaggio come strumento insufficiente e ingannevole, inadeguato a rappresentare la realtà:
 
Buttate pure via
ogni opera in versi o in prosa.
Nessuno è mai riuscito a dire
 cos'è, nella sua essenza, la rosa.

 
 

9 ottobre 2012

La poesia vuole respiro di Mariangela Gualtieri




[...] La poesia vuole essere detta, vuole respiro, saliva, corpo, voce. Vuole uscire dalla polvere della pagina scritta, dalla letterarietà, dalla camera chiusa del pensiero, sbavarsi in una bocca che porta bene impressa la terra in cui è nata, il pane che ha mangiato, il vino che ha bevuto. La poesia vuole diventare musica. È culto visivo: se si è in tanti ad ascoltarla allora diventa la festa di tanti, una festa del dire e dell'udire.
                                              
                       Mariangela Gualtieri

4 ottobre 2012

DAL CAPPELLO DEL POETA di AGNESE GIRLANDA


DAL CAPPELLO DEL POETA

  

...la “disperazione”
più grande di un  poeta
è il non saper descrivere
le emozioni sottopelle
carpite nel sussurro della pioggia,
nelle carezze del vento
e nel sorriso del mattino
mentre sconfigge la notte...

 
...sconvolgere un sipario
di fantasie,
ai  desideri addormentati,
per  poi condividerli
con orecchi stupefatti
e  bocche socchiuse
come un bimbo meravigliato!
 

Lui,vorrebbe rivoltare
un vecchio pensiero
su di un foglio nuovo
e tempestare con ghirigori fantastici
anche un sogno rimasto
nel cappello del cuore,
amico mio
e riversare  un flash
d'immagini e di profumi
incisi per sempre nell'anima
e condividerli con l’universo.

 

 

 

 

"E TU PUOI CONTRIBUIRE CON UN VERSO ..."

Amici di poesia e di penna
Vi propongo un altro piacevole video. Da L'attimo fuggente, uno dei fim più belli dove si parla di Poesia e Poetica.


http://youtu.be/b6ptmbC3jTE

Buona giornata